Dettaglio
Davanti a me c’è uno spigolo smussato. Anzi no, è arrotondato. Lo vedo chiaramente ora. Mi sono avvicinato e l’ho proprio sentito strusciandomi contro. Com’è bello liscio. Dovete sapere che noi gatti prestiamo molta attenzione ai dettagli. Guardiamo le cose da vicino. Da molto vicino. Da così vicino che a volte gli occhi non bastano e dobbiamo strofinarci contro tutto il nostro corpo per riuscire a capire bene di cosa si tratta. Noi, a differenza di voi, umani, percepiamo le superfici in modo diverso. Quando ci strusciamo contro qualcosa non abbiamo solo voglia di grattarci. Ci serve a farci un’idea dello spazio, del volume, le proprietà e la proprietà e non da ultimo se quella cosa può costituire per noi una minaccia o meno. Così, ciò che per voi è un singolo spigolo, soglia estrema di un oggetto, per noi, invece, è una sensazione, una risorsa, un segnale, e, se non ce lo spostate, un punto di riferimento nello spazio.
Design è consapevolezza
Noi gatti infatti siamo superficiali. E non nel significato del termine. Partiamo dalla superficie per poi spingerci oltre. Ecco perché non siamo simili. C’è qualcuno fra voi che ci assomiglia, ma se confrontato a un altro del vostro genere probabilmente la somiglianza si abbassa ancor di più. Non vi reputate tutti uguali. Anzi, ne fate un vanto. Il dettaglio è per alcuni di voi sinonimo di ricercatezza. In altro modo, la definite anche Design. I più caricano questa parola di un significato che la maggior parte delle volte è sinonimo di lusso perché riferita solo ed esclusivamente al valore economico del materiale di cui è fatta. Per altri, invece, è sinonimo di stranezza. Per entrambi i casi, non si parla né di estetica applicata alla funzionalità né del contrario.
C’era una volta
C’è stato un tempo in cui design significava buon progetto. Dell’altisonante parola non si faceva menzione. Poi siete scesi a compromessi. Cosa che noi non abbiamo mai fatto. Per noi è una questione esistenziale. Noi formiamo il tutto da una serie di dettagli. La nostra esistenza è infatti la somma di essi. Mi piace però pensare che per voi non sempre è stato così.
Prima che l’estetica della convenienza avesse il sopravvento definendo un nuovo standard di massa, eravate diversi. Non esisteva l’accostamento bello-ma-costoso, brutto-ma-economico. C’era solo il bello. E si ragionava in termini olistici. Bella la funzione. Bella l’estetica. Bello e basta. Devo darvene atto. Siete riusciti a mantenere questo livello anche nell’industrializzazione dei primi prodotti di massa. Lì la parola design è diventata palese e avete subito pensato di far diventare il design democratico. Dal popolo per il popolo. I prodotti non venivano ancora reclamizzati come “regalati”. I costi consideravano il potere d’acquisto medio delle vostre famiglie. È andata bene così per un po’ di tempo.
Nuovo modello
Il lavoro poi ha smesso di nobilitare l’uomo. Il nuovo paradigma è diventato lavoro = costo. Molte aziende hanno chiuso e molte altre hanno spostato la produzione all’estero. Il controllo qualità ha continuato però ad esser un vostro vanto. Ma già il sistema si era rotto. Le esperienze acquisite sul campo, le migliori strategie e tecniche per far un buon prodotto si erano perse insieme alle manovalanze rimaste nella madre-patria. Ammesso e concesso che, voi umani, siate poi riusciti a recuperare ritrasmettendo il vostro sapere, soprattutto quello non scritto, tramandato oralmente e/o appreso con l’esperienza diretta, qualcosa s’è sicuramente perso per strada. Ad esempio il gusto estetico. Il metro di giudizio è diventato il costo. Il nuovo modello il prodotto a buon mercato. Avevate pensato che non sarebbe mai successo. Lì, lontano dalla vostra terra, hanno appreso il vostro modo di lavorare e lo hanno fatto proprio. I vostri prodotti sono stati imitati. Prodotti a un costo inferiore sono diventati concorrenziali. Nel frattempo siete cambiati anche voi e i vostri gusti. Bello perché ben fatto è superfluo. Ora vince su tutti l’economico. Un consumo mordi e fuggi. Lo vedo, lo desidero e lo faccio subito mio. Compro con gli occhi. Il desiderio nell’attesa che portava a valorizzare un oggetto è stato rimpiazzato dal sapere che ad ogni modo ho fatto un affare. Anche se stiamo parlando di una replica. Ormai non ve ne accorgete più. Come fare del resto. Non siete più allenati a farlo.
Rieducate il gusto
Ma forse non tutto è perduto. Perché la speranza è l’ultima a morire. Forse questa situazione, dove l’accesso ai mercati di produzione esteri è sempre più difficile, potrebbe riportare gran parte della produzione nella madre-patria. La vostra politica dovrà fare la sua parte. Il costo del lavoro si dovrà abbassare e in un’ottica di protezione del lavoro ben fatto, di vero design, dovranno esser adottate severe misure di antidumping. Non vi porrà, umani, nella posizione favorevole visti gli aiuti che avete avuto da quei paesi dove il costo del lavoro è concorrenziale, ma servirà a darvi il tempo, spero di ri-educare il consumatore all’acquisto consapevole. La crisi porterà a un calo dei consumi. A una diminuzione del potere d’acquisto pro-capite. Si spera, però, che porti anche maggior saggezza nel tempo di instabilità. Si pensi di più a cosa comprare! La qualità mai come d’ora pagherà. E se mai non dovreste riuscirci, cari umani, potete sempre chiedere a noi quadrupedi pelosi. Vi rieduchiamo volentieri al gusto per l’estetica. Al gusto per il dettaglio. Tutto alla comoda cifra di una ciotola di croccantini.